Raccolta dei documenti della ristrutturazione

Il blog per raccogliere la storia della ristrutturazione della "Cà d'la Lunga" a Corteranzo, con foto, idee e documenti utili per chiarire cosa vogliamo realizzare.

lunedì 26 dicembre 2011

Ciao, papà

Papà Mario raccoglie
le susine di Corteranzo
Ieri mattina alle 5:45 papà ha dato finalmente l'ultimo colpo di pialla e ci ha salutato.
E’ triste, ma accettabile come tutte le cose naturali ... come tutto ciò che segue un proprio corso: come un fiume che si svolge nella pianura e piano piano scende fino al mare, fino a sussurrare e perdersi e confondersi con la sua meta. Alla foce non c’è una fine, cesura, rottura, solo un quieto rimescolarsi, un ritorno lento, pacato con l'eterno ciclo dell'acqua.
Ora siamo malinconici, ma sereni. In questi mesi ho invece sofferto per un senso di incompiutezza che avvertivo sua come mia: proprio adesso che riuscivamo a coronare il sogno di una vita, ecco che papà non poteva goderne.
Proprio lui, però, mi ha insegnato cosa fare per risolvere questa faccenda, senza dimenticare l’importanza di mamma per la determinazione e il supporto, di Alessandra per la costanza e la fiducia nel futuro.
La storia di mio padre, la mia e quella di questa casa sono un po' come il tronco, il ramo e il frutto. ho sempre pensato a Corteranzo come ad un'opera importante della vita, qualcosa di bello che oggi posso realizzare grazie all’aiuto di papà, un progetto che rappresentava un suo inconfessato desiderio. Avrei voluto che lui vedesse, toccasse, che potesse partecipare a tutto, anche se le sue mani che sapevano fare ogni cosa, da anni non riuscivano più a coordinarsi, a dare forza al gesto, a guidare l'attrezzo verso il fine per cui era nato. "Ogni attrezzo ha il suo scopo " sentenziava, a ragione, se vedeva qualcuno usare in modo improprio un arnese.
Le sue mani erano infatti il suo migliore strumento. Per lavorare il legno e costruire, erano nate.
Invece no, non poteva più, ormai da anni. E quando coglievo la sua mano destra tremare, mi si stringeva il cuore, non sopportavo il suo sgomento di fronte ad una incapacità che sembrava impossibile per un homo faber come lui. Chissà che dispiacere aveva, proprio lui che aveva il gusto di realizzare, di risolvere e che trovava svago in ogni lavoro manuale, eseguito con perfetta semplicità, con tutti i suoi attrezzi giusti, sempre in ordine, puliti.
Allora per farlo partecipare gli raccontavo ogni domenica quello che era successo nella settimana precedente: che avevamo ritrovato il carretto tanto amato di Camillo Calvo – che si facevano delle scoperte “nel muro a nord c'era un intonaco tra due strati di mattoni” - delle difficoltà - "per fare una porta ci vogliono almeno 800 euro, papà".
Lui avrebbe messo a posto quelle vecchie con molti moccoli, ma pochi gesti, e sarebbero state le porte più belle del mondo. Tornate a vivere come nuove, dritte, sane e funzionanti come uscite dalle mani di un falegname di 200 anni fa. Con le stesse tecniche, lo stesso legno, le spine e i cavicchi a raddrizzare le torsioni e a tendere le fibre come a uno strumento.
Invece no, guardava il vuoto e sorrideva, si vedeva le cose davanti. E non potrà tornare a terminare il suo più importante lavoro: la casa della vita. Quella che il nonno aveva venduto negli anni '60 (nella piazza del paese di Longiano) e che continuava a tornare nei suoi ricordi come una perdita irrimediabile.
Una perdita che volevamo colmare e che toccava a me realizzare, perché da solo non ce l'avrebbe fatta: un progetto troppo difficile che lo spaventava, che non sapeva da che parte prendere, come organizzare. Una quantità di scelte e di rischi che la sua prudenza estrema gli hanno sempre impedito di affrontare. Papà era anche questo: travolgente nella esecuzione, timoroso nelle scelte.

Ho tre ricordi importanti.

Il primo ricordo riguarda il 4 di settembre. Gli facevo vedere le foto dei lavori realizzati durante l’estate: coglieva ogni parola ogni dettaglio, sorrideva e mi prendeva la mano. Mi disse "sono a bocca aperta per quello che hai fatto", poi con la mano debole - un dito verso l'alto che andava a salire – "Sono orgoglioso … Sempre più in alto, tu, sempre a migliorare": un sussurro.
Io lo guardavo negli occhi e mi sentivo stringere il cuore. E gli ho risposto "speriamo, papà, speriamo". Aveva una fiducia smisurata in me, forse come accade sempre ai padri dei figli unici: per me era un onore, ma anche una enorme responsabilità. Credo che vedesse in me la sua realizzazione, partita con una valigia di cartone per trovare migliore fortuna al nord, dopo aver letteralmente pedalato dietro a mio nonno a restaurare chiese bombardate della Romagna, senza soldi e senza certezze.
“Sempre a migliorare…” Non sapeva che preoccupazione per il lavoro avevo in quei giorni: lo stesso sgomento che a volte mi prende quando penso al futuro.
E’ una vita che combatto l’oscuro presagio che tutto possa crollare da un momento all'altro, che tutto semplicemente ‘smetta di essere’ per punirmi di qualche gioia. Quanto durerà la mia fortuna, mi chiedo? Non il mio merito, ma questa fragile pace, agiatezza, serenità? E’ come avere un perenne rigo nero di nubi all'orizzonte che si leva ad occidente: sembra fermo, arretra, avanza, e sempre minaccia.
Quella tempesta aveva la forma della crisi economica che arrivava, la dura sostanza dell’impossibilità di disinvestire per pagare Corteranzo, l’evoluzione di un settore incerto. Eppure adesso tra le nuvole e l’orizzonte si intravvede il sole: per me è la sua fiducia che lo manda. O forse sono io, che passata questa prova, ho imparato ad avere fiducia, sempre aiutato - giorno dopo giorno - da Alessandra.

Il secondo ricordo è del 9 di settembre; tornavo a trovarlo poco prima del ricovero: era debole, confuso e l’ictus lo avrebbe colpito di nuovo da lì a poche ore. Per consolarlo gli parlavo ancora una volta della casa e come volevo recuperare l’antico muro di confine con la sua nicchia ad arco, la tettoia di fronte come ricovero, posando un autobloccante, fare delle aiuole e coprire tutta l’aia con un prato armato.
Parlavo lentamente e cercavo di coinvolgerlo per distoglierlo dalla sua angoscia, poi mi disse “bello, come si capisce bene: un lavoro ben descritto viene meglio”. Lui non sapeva che in poche parole spiegava il concetto di visione organizzativa; non sapeva nemmeno che me lo aveva insegnato proprio lui.
Mi ricordo come faceva quando era più giovane, sempre al centro di qualche opera ciclopica di ristrutturazione. A casa mia, al Trotter, me lo ricordo in piedi nella stanza vuota che guardava il soffitto, un dito teso tra mento e naso . Dopo un minuto gli chiedo: “ma cosa fai?” e lui mi rispose “vedo il lavoro!”. Dopo di che cominciò a descrivere la sequenza esatta delle azioni che avrebbe fatto da li a poco per recuperare degli infissi.
Prima di lavorare, pensava molto, rifletteva su come semplificare una lavorazione, ottenere il migliore risultato, anzi renderlo perfetto. Perché il 'far bene' non era mai abbastanza, e se la sua opera eccedeva le necessità, sosteneva che sarebbe stato utile per altri scopi. Scuotendo un vecchio mobile restaurato, ben oltre ai possibili movimenti che avrebbe potuto mai fare una volta carico di libri, mi guardò in faccia e con un largo sorriso mi disse “antisismico!”.

Il terzo ricordo è dei primi di novembre. Ormai non parlava quasi più, bisognava interpretare.
Gli raccontavo di come era bella la casa senza il ricovero attrezzi e come la facciata si era nobilitata con gli archi e con l’incredibile mosaico dei mattoni, delle pietre, dell’arenaria. A un certo punto, con gli occhi lucidi dalla commozione mi disse con un filo di fiato “piacerebbe …”.

Provai ad interpretare “ti piacerebbe venire a vederla?” e mi fece sì col capo.
Non era già più possibile. Con le lacrime agli occhi (in ospedale mi diceva sempre “faccio piangere le persone, mo ve’ ”) a quel punto mentii “papà, quando guarisci ti ci porto … guarda ti ci porto e ti metto su una bella poltrona ‘da sgnòr’ sulla terrazza a guardare l’infinito, a guardare il Monviso, eh papà?”. Lui sorrideva e vedeva il Monviso. Uscii dalla casa dei miei genitori piangendo a dirotto per la necessità e la malinconia di quella bugia.
Papà non vedrà la casa finita. Ma senz’altro è già là e da una prospettiva migliore, molto migliore, guarda l’infinito.

Ciao Papà, grazie.

giovedì 22 dicembre 2011

Intervallo ...

Purtroppo non abbiamo novità su Corteranzo perchè non ci possiamo andare e siamo in attesa degli interventi più importanti ...
Allora potremmo mettere un simpatico filmato.
Quando ero piccolo appoggiavo la testa al televisore per sentire forte la toccata di Paradisi o la Passacaglia di Haendel che mi piacevano fino allo stordimento.
In assenza del mitico riempitivo, propongo questo filmato che è abbastanza bello ed è stato prodotto da consorzio di promozione del territorio Langhe, Roero, Monferrato, sempre in previsione dell'Unesco.

sabato 17 dicembre 2011

Colori pareti

Il campionamento di velature ci ha permesso di fare un test sulla mano di fondo della cucina.

  • In alto a destra il 134 ambra, che neanche si vede, ma fa un effetto nube, anticato, che da profondità alla parete e sarà impiegato dappertutto, salvo le seguenti eccezioni.
  • L'azzurro in basso servirà per la stanza di Cecilia e per l'anticamera, fino ad un metro di altezza.
  • Il rosa in basso a sinistra sarà impiegato in tinello e in cucina.
  • Il rosso a sinistra invece sarà la velatura del camino di Francesco. 

Un lavoraccio

Con soddisfazione finalmente registro un lavoraccio: non avendo tirato i tubi sotto la cucina per arrivare in sala per motivi ancora ignoti, i muratori hanno dovuto spaccare tutta la facciata nord in orizzontale e in profondità per passarli al riparo dal freddo, con il pericolo di destabilizzarla.
I tubi incriminati sono quelli che dal locale caldaia piegano in alto a destra (avrebbero dovuto andare diritti in cucina come gli altri e passare sotto la porta della sala).
Il bel risultato sono 4 q.li di macerie e una profonda breccia nel muro, orribile, che sfregia la facciata (l'ha proprio sgorbiata dopo 160 anni di tranquillità) e che a fatica è stata stabilizzata: il vecchio muro di mattoni pieni, tenuto su a calce e poco più, avrebbe potuto muoversi e non poco.


Adesso speriamo che i lavori procedano con un po' più di organizzazione e di coordinamento.





Pavimenti, partiti!

Ecco che comincia la fase finale di finitura degli interni, con la posa dei pavimenti. Terminata la realizzazione delle tracce per gli impianti elettrici ed idraulici, dopo la realizzazione dei massetti, arriva il momento della posa del cotto.

Bello il cotto preso al Tempo Abitato, proprio un buon acquisto. Posato a scacchiera con il lato poroso alternato al lato liscio, da un effetto piacevole.

 
Anche il contrasto del cotto contro l'arenaria è molto bello. Per fortuna.
 


domenica 11 dicembre 2011

Esempi di colori Ambra

Partendo dal pantone a disposizione è stato facile vedere molte ambientazioni ben realizzate, ad esempio

Pitture pareti

Sabato siamo giunti ad una decisione definitiva circa i colori. C’è una notizia buona e l’altra meno:
  • La cattiva notizia: è indispensabile dare una mano di fondo di collegamento ed è consigliato quello con granulometria  inferiore a 0,5 (ad esempio il fondo di collegamento Boero). E’ indispensabile darlo perché nei punti in cui ci sono le tracce, il grado di assorbimento è molto diverso è si ottiene una velatura sgradevolmente  discontinua.
  • La buona notizia è che useremo un solo colore, il Silnovo Boero colore pantone 134, una specie di color “panna”, per tutte le stanze, ad esclusione del camino che sarà colore rosso mattone, come già d’accordo, con la nicchia a strisce 134 e rosse. Il colore finito sarò molto chiaro, non così ambrato. Solo in un successivo momento – dopo esserci vissuti dentro - decideremo come colorare le diverse stanze.

sabato 10 dicembre 2011

Viste della casa dalle due Chiese

Questa prima è la vista da San Luigi. Si nota bene il finestrone della cucina, ben orientato per godere della  vista del tempietto tutte le mattine. Mi piace notare la posizione dominante della casa, appoggiata su uno sperone di pietra arenaria. Quando avremo tutte le finestre al secondo piano la casa avrà un aspetto ancora più bello.
Questa è la vista, invece, da San Martino. Non si vede benissimo in quanto nascosta dalla casa della Mariuccia, ma i due archi hanno il suo bel perchè.

Gli Zama nelle chiese di Corteranzo

Ieri siamo andati a Corteranzo tutti e quattro, evento raro, complice il blocco del traffico e la chiusura delle scuole che ha permesso al Frà di stare con noi. Susy ci ha portato le chiavi delle due chiese di Corteranzo dove abbiamo condotto una breve ma felicissima visita. 
San Luigi
San Luigi del Vittone è una piccolo tempio, considerato universalmente dagli storici dell'arte come un capolavoro.
La struttura è a pagoda e le chiavi sono originali del 1740.
Gli interni sono ben tenuti e affrescati, ma nella sua semplicità questa cappellina riesce ad essere monumentale.
La pianta è triangolare e  la cupola da uno slancio verticale che sembra darle una altezza, inattesa, accresciuta dal tromp l'oueil della lanterna che riempie di luce l'ambiente.
L'oculo è rivolto in modo tale che il 21 giugno, solstizio d'estate, a mezzo giorno, lancia sulla ombra a croce sull'altare.

San Martino 
San Martino apparentemente è più dimessa e sembra una chiesetta come tante con una facciata bianca seplice, da chiesetta di paese.  E invece ...
Dentro è affrescata e ben ornata, conservata bene come se dame del  '700 potessero uscire da un momento all'altro dalla cappellina laterale. 
 La sagrestia è intatta e l'armadio per la biancheria  in ottime condizioni.
 
Dietro all'altare c'è un bel coro ligneo sormontato da San Martino, e il pulpito ha subito ispirato la Ceciona. La fonte battesimale di legno ha forma di pisside ed è coronata, probabilmente per la presenza di una sede nobiliare.
La chiave di San Martino è una capolavoro.
Fatte le visite, tutti a mangiare dalla Michela cotolette e fagiolini. Ragazzi sereni. Pure noi, ogni tanto ci vuole.

mercoledì 7 dicembre 2011

Orgoglio paesano

Da "il Monferrato", quotidiano di Casale. 06/12/2011 12:10 Papillon: il Barbera d'Asti “Il Truccone” Murisengo (Corteranzo) — (l.a.) - La 'Notizia del giorno di Papillon'' (leggi Massobrio...) oggi ha una citazione monferrina, esattamente da Corteranzo di Murisengo (che fu oggetto di un nostro Viaggio d'autore che parti' proprio dalla tenuta Isabella dei Calvo per arrivare a San Luigi del Vittone...). Ecco la citazione papillonesca: ''IL VINO. E' una straordinaria Barbera d'Asti “Il Truccone” 2009 prodotta a Murisengo (Al) dalla Tenuta Isabella (tel. 0141693000). Vino di colore rosso rubino molto concentrato, al naso spicca la nota di frutta matura molto intensa, ma anche una speziatura sottile che ricorda i profumi del sottobosco. In bocca l'ingresso è morbido, per un sorso elegante, fresco della sua acidità, ma anche giustamente tannico. E' una Barbera decisamente grande, di un'annata speciale, che promette almeno 20 anni d'invecchiamento. Una bottiglia costa sui 10 euro''.

Un bravi! ad Emma e Gabriele Calvo, che conducono la cantina Isabella di Corteranzo.

La vigna del "Truccone" noi - orgogliosamente - la vediamo dalla terrazza. Campanilismo enologico.

lunedì 5 dicembre 2011

Arte e storia nel Monferrato


Un altro bel filmato della associazione Tre-T, ben fatto e ispiratore di gite. ... Se mai riusciremo ad andare in pensione! Per me si prospetta il 25 luglio del 2027. Francesco avrà 31 anni. Cecilia 27. Ale 65. Io 67: andrò in aula mettendomi la dentiera? Per quanti anni potrò sopravvivere in pensione? Tredici? Non vorrei rimanere qui a rompere le scatole per troppo tempo, ma me la vorrei godere questa casa, senza tirare troppi accidenti alla scala troppo ripida, senza rischiare l'auto, la vita delle galline e le maledizioni dei vicini, nei tre tornanti di Corteranzo, senza esasperare Ale perché sarò sordo. Ma forse il bello è questo: l'attesa di un futuro che verrà. Una prospettiva di placida serenità. Un sabato del villaggio che dia un senso alla fatica.



domenica 4 dicembre 2011

Pozzo

A Corteranzo contiamo sulla presenza del pozzo.


E' mia intenzione chiuderlo con un tombino, canalizzarci l'acqua dei pluviali, metterci uno scolmatore e una pompa, in modo da poterci bagnare prato e orto.

Crutin

Un tempo si usava maturare i formaggi nei “crutin”, piccole cantine scavate nel tufo dove le forme venivano appese alla volta con una cordicella per dare loro aria, ma soprattutto per salvaguardarle dai roditori.
Chi l'avrebbe mai detto, è saltato fuori anche questo. Dove una volta c'era la caldaia, nel sottoscala, una botola si apriva su un antro non più profondo di un metro, pieno di ghiaia a di rottami.
Ma Rino, che è paziente e davanti a queste cose ha uno spirito da Indiana Jones, lo ha fatto svuotare e pulire, con questo risultato:
Il crutin sarà alto 1,8 m, lungo quanto il sottoscala. La parete è tutta scavata dal piccone e dotata di piccole nicchie quadrate: una è ben visibile qua sotto in basso a destra.
Lo scopo delle nicchie era fare da superficie d'appoggio per le bottiglie di vino.
Particolarmente inquietante è la porta chiusa con mattoni vuoti in direzione est che è visibile nella prima foto: a cosa serviva? Il primo pensiero che ho fatto è stato per Alfredo: il figlio di Camillo Calvo, fittavolo del parroco ai tempi della guerra, era in età da militare nel 1944. Il Monferrato era battuto continuamente dai Repubblichini e Corteranzo era passata di mano ai partigiani e ai tedeschi tre volte, quindi il rischio di essere rastrellato e spedito in Germania era altissimo. Per non parlare dell'episodio di Villa Adeati, in cui i tedeschi avevano impietosamente fucilato 10 civili per vendetta di un brutto e isolato atto di guerrigilia. A mio parere il crutin era un possibile rifugio e la porticina o la nicchia, dietro uno scaffale, avrebbe consentito l'occultamento di persone o di armi (intendo dire lo schioppo, non armi militari). Poveri Calvo, quanti brutti episodi li hanno colpiti in quel periodo: hanno perso la moto (requisita), soldi (ricatto su Alfredo), un manzo (requisito), il tetto della casa nell'incendio appiccato dai tedeschi. 
Ultimo dettaglio da notare è la condensa sul soffitto. I lavori di posa del massetto hanno messo in circolo tanta umidità che si è raccolta in gocce ben visibili. Sto pensando come fare a levarla. 
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