Raccolta dei documenti della ristrutturazione

Il blog per raccogliere la storia della ristrutturazione della "Cà d'la Lunga" a Corteranzo, con foto, idee e documenti utili per chiarire cosa vogliamo realizzare.

sabato 17 settembre 2011

Viste di San Luigi

Il San Luigi deve essere visibile dalla sala, dalla cucina e dal bagno. 
Questa la vista dalla cucina e dal bagno. Va ripulito tutto.
 S. Luigi Gonzaga: presso il cimitero di Corteranzo. Appartiene al comune di Murisengo. Fu fatta erigere dai feudatari Giunipero. Attribuita su base stilistica a Bernardo Vittone da Francesco Gamarino, che trascrisse da una relazione di visita pastorale del 1836 un’epigrafe un tempo posta sopra la porta d’ingresso: «Piorum elemosinis – cura et laboribus – anno MDCCLX», datando quindi la costruzione al 1760 [Gamarino 1947, pp. 119-20]. Il Millon, seguito da Paolo Portoghesi e da altri studiosi, ne anticipò la data di esecuzione agli anni attorno al 1740, come opera giovanile, accostabile al santuario del Vallinotto (1738-39) e al progetto non realizzato per S. Chiara di Alessandria; la data 1760 riguarderebbe pertanto il tardo epilogo della chiesa [Millon 1959, p. 150; Carboneri 1963, p. 58; Portoghesi 1966, pp. 99, 221; Carboneri 1967, p. 21]. Ancora recentemente è stata confermata una datazione del progetto attorno al 1740 [Oechslin 2001, p. 283]. In una relazione del 1747 non si fa alcun cenno alla chiesa, al contrario della parrocchiale di S. Martino e della chiesa di S. Bernardo, mentre nel 1764 la chiesa di S. Luigi è detta «recenter aedificata». Sono ignoti il motivo del titolo e della localizzazione; il cimitero fu costruito nel 1833 e solo da tale data la chiesa divenne cimiteriale. Nel 1949 fu effettuato un restauro generale. Tra il 1947 e il 1970 furono sottratti vari arredi sacri, tra cui il tabernacolo, candelieri, inginocchiatoi e un quadro raffigurante S. Luigi, già presente nel 1764 [Fantino 1970; Castelli 1992]. Del 1993 è un progetto di restauro affidato all’arch. Attilio Castelli: risanamento della parte basale dell’edificio, rifacimento del pavimento e dell’intonaco, sostituzione degli infissi, restauro del portale e dell’altare, ritinteggiatura; lavori diretti dall’arch. Giovanni Deambrogio, terminati alla fine degli anni novanta. 

L’elegante chiesetta ricorda un tempio a pagoda, perché composta di quattro piani con tetti spioventi di larghezza digradante verso l’alto. L’esterno è in cotto a vista. Bella facciata leggermente concava segnata da quattro lesene che sostengono il timpano e inquadrano il portale, a sua volta contornato da una riquadratura sinuosa che si collega ad una cartella sopra la porta. Il frontone è fiancheggiato da due vasi di pietra e sormontato da una finestra rotonda con bella cornice. L’interno è a pianta centrale con schema triangolare, i cui vertici sono smussati da tre concavità absidali; queste sono delimitate dagli elementi di sostegno della cupola composti da sei colonne su fasci di lesene che reggono una bella trabeazione. Nel bacino della cupola sono presenti tre arconi che chiudono al sommo le absidi formando delle volte a conca traforate e delimitano tre pennacchi sferici in cui si aprono finestre rotonde. Sopra un cornicione circolare sostenuto dai tre arconi è impostata la cupola, costituita da sei archi incrociati a stella esagonale; nei triangoli sferici fra arco e arco vi sono sei finestre rotonde delle quali tre danno direttamente all’esterno e tre guardano fuori attraverso abbaini che illuminano le absidi sottostanti. L’esagono formato alla sommità dall’incrocio dei sei archi è la base della lanterna, costituita da un prisma esagonale con sei ampie finestre e coperta da una voltina ad ombrello[Gamarino 1947, pp. 118-19]. Nell’insieme all’interno si coglie uno spazio avvolgente che pare in movimento per il susseguirsi di dilatazioni e contrazioni dei volumi: incurvamento delle pareti, avanzamento delle colonne, schiacciamento dei pennacchi e conseguente deformazione degli arconi. Un senso di accentuata verticalità è dato dalla luce diffusa con un susseguirsi di spazi sovrapposti sempre più luminosi culminanti nella lanterna [Corti 1993, p. 22]. Notevole è l’analogia col santuario del Vallinotto, eretto dal Vittone all’inizio della sua carriera (1738-39): lo stesso schema di piante basate sul triangolo e sull’esagono, lo stesso sviluppo di piani e di ordini, la stessa cupola a stella esagonale e soprattutto lo stesso carattere bizzarro. Le differenze sostanziali si riducono alle diverse proporzioni: mentre la chiesa di S. Luigi misura m 16 di altezza, il Vallinotto è alto circa il doppio, e grazie a queste più ampie dimensioni ha un sistema di cupola più complesso e ricco di elementi decorativi [Gamarino 1947, p. 120].

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