E’ una notizia che mi colpisce. Sono un ex ragazzo di campagna trasferito in città a 8 anni. Un trauma terribile, che ho risarcito solo a 53 anni, comprandomi una casa nel Monferrato. Per me meravigliosa, in un luogo remoto. Una scialuppa di salvataggio preparata con cura per lasciare Milano e tornare a vivere nel silenzio e nella luce pulita tra le vigne. Non sono neoruralista e penso che la mia storia non sia una posa.
Ma nel Monferrato assisto ad una desertificazione economica senza pari. Il comune ha perso in 10 anni il 15% dei residenti. I ragazzi soffrono la disoccupazione e molti hanno problemi di autostima e bevono, o peggio; la via principale del paese indica un vendesi ad ogni casa; il comune non ha iniziative aggreganti. Ce la possiamo prendere con il carattere chiuso e dei Piemontesi, ma ho la sensazione che il problema sia più grave. Un tessuto sociale colpito ferocemente dalla crisi, dall’amianto, dalla distruzione del tessuto microproduttivo inadeguato alle politiche globali.
Solo l’agricoltura resiste – malamente, ma resiste – e il turismo attende che succeda qualcosa con la candidatura Unesco a macchia di leopardo, per altro gestita in qualche maniera (gli abitanti non sono minimamente coinvolti o sono preoccupati del blocco di ogni possibile intervento edilizio) e già – di fatto – rimandata.
Per contro, sono state cancellate linee ferroviarie stupende (”rami secchi”), che in Svizzera sarebbero una attrazione turistica. I ragazzi non riescono ad arrivare a scuola a Casale perchè sono stati ridotti i collegamenti automobilistici. Non c’è una pista ciclabile e i paesi che sono dei gioielli cadono a pezzi.
Sarà semplice impoverimento delle risorse pubbliche e delle famiglie, ma vorrei veramente sapere come fanno gli inglesi. Non penso che siano più ricchi.
Quindi gli inglesi sono felici, in campagna? Fortunati loro, chissà quando i nostri politicanti si accorgeranno che cosa significa politica del territorio e della conservazione non solo geologica, ma anche sociale.
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