"Un paese vuol dire non essere soli, sapere che nella gente, nelle piante, nella terra c'è qualcosa di tuo, che anche quando non ci sei resta ad aspettarti"Per tutta la vita sono stato uno sradicato dalla campagna, dal paese dell'infanzia. Paese così lontano che non esiste neanche più, se non nei miei ricordi, con i birocci per strada, i cavalli che tirano lo spazzaneve, le galline che razzolano nelle cucine di terra battuta, la Madonna pellegrina che passa al tramonto nel cielo di Maggio e il profumo di tigli alla fine della seconda elementare.
Ho voluto anche studiare Agraria per tornare alle origini, per poi rendermi conto che quello che cercavo poteva solo rimanere dentro di me.
Ancora La luna e i falò: "Potevo spiegare a qualcuno che quel che cercavo era soltanto di vedere quello che avevo già visto?".E così ho cercato, fino a qui. E se non fosse stato per Alessandra non mi sarei neanche accorto di esserci arrivato.
Grande, Pavese che ha anticipato di 50 anni quello che sarebbe stato il sentimento degli Italiani: dopo una lunga sbornia di miracoli italiani autentici o falsi (come la tolla della faccia di Berlusconi), si sono accorti che il futuro significa tornare al passato, stringere la cinghia e accontentarsi di una vita modesta, ma colta e rispettosa della qualità della vita, degli altri, del valore del danaro guadagnato sudando, con il lavoro vero e fatto bene che ti permette - tutt'al più - di comprare buon cibo e buoni panni.
E questo ci basti.
Che Pavese rimanga sulla parete per 100 e 100 anni ancora.
Grazie Lalù, ben fatto.
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