Correva l'anno 1742 e lungo la via si allineavano i cantieri delle case contadine progettate a seguito della costruzione della preziosa cappellina di San Luigi da parte del grande architetto Bernardo Antonio Vittone.
Purtroppo, proprio in quell'anno moriva Vivaldi e Goldoni dopo aver scritto la Donna di Garbo, fuggiva da Venezia rincorso dai debiti.
Che atmosfera c'era a Corteranzo? E in Piemonte, in una Italia divisa in staterelli vittime dei grandi regni europei?
Mi sono immaginato qualcosa.
Quello che scriverò non ha nessun fondamento storico, e ogni riferimento alla famiglia Giunipero è solo una occasione narrativa: il "Conte", per come l'ho descritto, non è mai esistito. Ma avrebbe potuto.
E ringraziamo questa famiglia per i doni che - nei secoli - ha fatto al territorio.
Ogni altro riferimento a persone e cose presenti e passate è puramente casuale. Ma potrebbe esserci.
Lanciate il concerto per Mandolino e fatevi un'idea.
(segue)
Purtroppo, proprio in quell'anno moriva Vivaldi e Goldoni dopo aver scritto la Donna di Garbo, fuggiva da Venezia rincorso dai debiti.
Che atmosfera c'era a Corteranzo? E in Piemonte, in una Italia divisa in staterelli vittime dei grandi regni europei?
Mi sono immaginato qualcosa.
Quello che scriverò non ha nessun fondamento storico, e ogni riferimento alla famiglia Giunipero è solo una occasione narrativa: il "Conte", per come l'ho descritto, non è mai esistito. Ma avrebbe potuto.
E ringraziamo questa famiglia per i doni che - nei secoli - ha fatto al territorio.
Ogni altro riferimento a persone e cose presenti e passate è puramente casuale. Ma potrebbe esserci.
Lanciate il concerto per Mandolino e fatevi un'idea.
“Linfatico”, pensò
il Signor De Polis, il neo nominato medico curante del Conte. “ E per di più nato di giugno, del Cancro: avvinghiante,
possessivo, timoroso per il futuro … e che visu caratteristico!”
Il conte si alzò sulle staffe per guardare meglio gli operai
sollevare le travi per la costruzione della lanterna della cappella votiva: il
conte aveva un viso quadrato, incorniciato da un ampio cappello estivo di
paglia a tesa larga, adornato da lunghe piume di pavone. La pappagorgia si adagiava sul colletto ampio e ricamato, ormai bagnato di sudore
nella giornata di luglio.
“Fa
tansiùn qu’a man custa 'me tuta la campagna, fieu d’un aso!”, urlò
con malagrazia al capomastro e alla sua squadra.
“Scheletro solido,
buona dentizione, mani quadrate con dita corte e massicce” continuava a
ripensare nella sua diagnosi il De Polis – “Il
soggetto è molto alto, ma gli arti sono corti”.
In effetti il Conte-
largo di spalle, ma profondo di pancia … di una pancia tonda e ubertosa,
prova di un appetito raffinato e non saziabile con la polenta dei suoi
contadini - aveva le gambe un po’ corte
rispetto al busto, ma aveva di molto modificato l’altitudine della sua visuale:
ritto a un metro e ottantacinque sulle staffe del suo gigantesco cavallo
Norico, più adatto a lavorare nei campi che a portare un nobile, aveva
provocato un sospiro della umile, ma scultorea bestia, sotto i suoi 120 chili.
“Dunque Signor Conte, complimenti per la sua devozione: Dio
le renderà merito e … tutti i suoi pari le riconosceranno un gesto di grande
merito per la Chiesa e per l’onore delle colline del nostro Re Carlo Emanuele
terzo di Savoia!”.
“Aaah, Carlìn … Qu’a'l signur at cunserva la vista” masticò tra i denti il Conte ancora in dialetto, poi - rivolgendosi al medico nerovestito – aggiunse con solennità ed orgoglio “Signor De Polis … lei deve sapere che ho scelto anche il giovane architetto del re, il Vittone, per compiacere alle preferenze e ai consigli di sua Maestà” “Ma al Signur sa vare qu’a la custà a mi”, commento tra sé, tornando al dialetto, che rendeva meglio quando si trattava di parlar di soldi.
“Aaah, Carlìn … Qu’a'l signur at cunserva la vista” masticò tra i denti il Conte ancora in dialetto, poi - rivolgendosi al medico nerovestito – aggiunse con solennità ed orgoglio “Signor De Polis … lei deve sapere che ho scelto anche il giovane architetto del re, il Vittone, per compiacere alle preferenze e ai consigli di sua Maestà” “Ma al Signur sa vare qu’a la custà a mi”, commento tra sé, tornando al dialetto, che rendeva meglio quando si trattava di parlar di soldi.
“Oh certo! E il Signore le riconoscerà senz’altro maggiore
salute per il suo dono” aggiunse il dottore, provocando un convulso gesto
apotropaico del nobile. Questa volta il medico ebbe la netta sensazione di
avere fatto una frittata diplomatica con il suo datore di lavoro e –
terrorizzato – si chiese perché, ripetendosi le parole appena dette.
Il Conte colse l’occasione per aggiustarsi il cavallo dei
pantaloni, si arricciò i baffi, squadrò
l’imbarazzato compagno e poi scandì: “Ah! Signor De Polis!” con sospensione, stringendo
gli occhi. Poi proseguì “Lei deve sapere – e lo tenga ben presente - che non ho
nessuna intenzione di farmi fare salassi, che mi fanno schifo le sanguisughe. Ma
ho sempre il ventre gonfio e spesso forti dolori attraverso l’inguine durante
la notte. Mi sveglio di frequente per orinare, con licenza parlando”. Vista
l’improvvisa apertura anamnestica, il dottore si rilassò un poco.
“Oh, Signor Conte non si faccia scrupoli a dirmi le cose
come stanno, è fondamentale per una corretta diagnosi.”
E non potè fare a meno di annotare mentalmente “Il soggetto presenta la predisposizione a
patologie dell’apparato digerente in quanto tende ad abusare del suddetto
organo, ed è quindi predisposto ad ingrassare. E sicuramente soffrirà di
gotta”.
“Sì. E poi sempre più soffro alla gamba destra, come se
mille spilli me la penetrassero … dopo
una giornata in sella non sono quasi più in grado di camminare … lei deve fare
qualcosa. Quel vecchio rimbambito di monsignor Battia con Galeno, Senocrate di
Afrodisia, Abascanto e Mnemone mi ha fatto … mi ha fatto …”
Il Conte si era interrotto da rincorrersi di “Bon!” - “Boon!” - “Booon!”
all’indirizzo del nariciuto e gozzuto conduttore di buoi, che con un sistema di
carrucole e un paranco sollevavano un trave di pioppo fresco del diametro
maggiore di almeno due spanne.
“Du bàli!” scattò
roggendo il Conte all’indirizzo degli operai “… Ma Cristu! … Ste atènt” mentre calcinacci e mattoni crudi
cadevano dal colmo del timpano della bella chiesetta, ma nessuno si era fatto
del male.
“Per Giove! Ma il
temperamento è in vero sanguigno” trasecolò il dottore.
Con questo, si interruppe il colloquio diagnostico del
Signor De Polis con il supposito flemmatico
Conte di Corteranzo nel luglio del 1742.(segue)
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