Raccolta dei documenti della ristrutturazione

Il blog per raccogliere la storia della ristrutturazione della "Cà d'la Lunga" a Corteranzo, con foto, idee e documenti utili per chiarire cosa vogliamo realizzare.

giovedì 9 maggio 2013

5. I villani


“Monsù, quando la guerra,  le carestie, i malanni  e i banditi devastano le campagne, sospingono i superstiti verso le città, allora si arriva al disordine totale. Monsù” Con questo chiasmo, il Conte introdusse un discorso che suonava privo di rapporto con la domanda, mormorato quasi tra sé: il Dottore infatti lo guardava interrogativo, mentre le cavalcature avanzavano a testa bassa sul viottolo.
“I contadini ridotti alla fame e privati di tutto abbracciano la carriera dei criminali e compiono furti ai personaggi più esposti: parroci, agricoltori danarosi, vedove …”. Continuò il Conte guardando ancora la capanna. “Certo Signore … certo… E’ il destino di chi corrompe la propria anima a causa delle sofferenze della vita” Commentò il medico, sempre più stupito dalla piega dei discorsi del nobile “Prima parteggia per i Gonzaga, adesso per i villani … ”: gli occhi gli si erano fatti tondi dallo stupore e la bocca era sospesa a bere le parole di spiegazione che attendeva dal suo nuovo paziente.
“Il contadino viene spogliato di quanto raccoglie dai baroni, dal clero, dai frati mendicanti, dai governatori, dalle tasse e dai tribunali, dall'avvocato e dal … e dal …” Si sospese un attimo il conte guardando di traverso il suo affranto ascoltatore “… e dal medico!” e gli buttò le parole, voltando rapidamente il viso, con un sorrisaccio e gli occhi aggrottati, come se lo incolpasse delle ingiustizie del mondo. Il medico si ritrasse sollevando le sopracciglia di stupore “Oh Signùr, che demòni!”.
La tirata del Conte è liberamente ispirata alle Descrizioni di  Giuseppe Maria Galanti
“Caro Dottore ... un panno grossolano e una camicia di canovaccio formano tutto il suo vestire! Un pezzo di pane di granoturco, una minestra di cavoli condita di sale, vino cattivo di cui fa un uso eccessivo, ecco tutto il suo pranzo! Un tugurio meschino e sordido come quello, esposto a tutti gli elementi, forma la sua abitazione!”. E preso dalla foga del discorso slanciò il braccio verso il ciabòt.
“Vive in perpetue angustie ed oppressioni! Molti sono coloro che abbandonano questa vita di inferno per darsi a furti e rapine...” si interruppe ancora il Conte che si era fatto rosso in faccia.
E continuò:
Dutùr! - e con dita strette ad anello batteva ogni singola parola - Questo inverno ho visto accoppare suo marito come una bestia, per strada, perché aveva rubato un po’ di cibo per le sue figlie” Aggiunse il Conte, con sdegno, ma sottovoce si inchinò pericolosamente dalla sua cavalcatura per farsi sentire dal medico, ancora più violetto dall’imbarazzo della situazione. Mai nella sua pacata vita aveva incontrato un nobile più originale di quel grosso Signore dalle gambe corte e dalla pancia tonda. “Per un sacco di avena che neanche un cavallo l’avrebbe mangiata. Bah!”. Ribadì con rabbia il Conte.
“Ho difeso quella donna e le sue due bambine da un processo sommario. Le ho prese con me e portate qua. Non avevano dove andare e sarebbero finite male o peggio … violate, morte. E il prevosto corso a benedire il morto non ha alzato un solo dito. Non ha detto una parola per quelle creature che guardavano il loro padre, giù a terra nella polvere. Puah! I prève! Puah!”.
“Oh Gesù Cristo, par parlé as na minera acsì a l'è un bal balangu!” Ripensò il povero De Polis, spiazzato dai discorsi completamente fuori luogo e da comportamenti “generùs, par  carità”, ma animati da una polemica fuori da ogni ordine sociale!

(segue)

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